In cinghiale veritas

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Chiunque sia cresciuto o viva ai Castelli ha dovuto, volente o nolente, convivere con i cinghiali.

Qualsiasi agricoltore ha studiato metodi più o meno legali per evitare di ritrovarsi i raccolti saccheggiati.

Da bambini le mamme ci dicevano di stare attenti a non andare nel bosco per non rischiare di incontrarli, anche perché nel frattempo si erano mangiati i ben più tradizionali lupi.

Prima o poi, malgrado il suddetto consiglio materno, ci siamo ritrovati per fratte a fare incontri ravvicinati del terzo tipo con queste creature e rimanendo quasi sempre illesi per miracolo.

Tutti conosciamo qualcuno che conosce qualcun altro che ha concluso l’incontro ravvicinato con un corpo a corpo ed è riuscito ad avere la meglio armato solo di qualche risibile strumento casalingo. Il che è anche possibile visto l’alto tasso di matti che abitano nelle nostre zone.

Abbiamo dovuto inchiodare all’ultimo, spesso con alterne fortune, per evitare di investirne uno o un branco. Chi è più amato dalla dea bendata invece si è trovato ad assistere all’investimento per poi fermarsi e trafugare la carne.

Almeno una volta nella vita ne abbiamo incrociato uno bianco dando inizio ad un momento estasi mistica e sensuale con la natura che ci circonda. Questo perchè siamo dei bifolchi di campagna ma siamo anche un po’ intellettuali. Inoltre beviamo e ci droghiamo ‘na cifra. Io però l’ho visto sul serio!

Infine noi il cinghiale ce lo mangiamo. Che sia la caccia sia aperta o meno, che sia illegale o legale noi li divoriamo tutto l’anno, perché è naturale che sia così: come dicevano i nativi americani se non utilizzi ogni cosa possibile degli animali uccisi ne stai disonorando la memoria. Noi, che i cinghiali li amiamo e li odiamo, cerchiamo di onorarne ogni singolo grammo di carne ed ogni singola goccia di sangue. Quasi sempre ci riusciamo.

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